È da tanto che volevo raccontare qualcosa della Dancalia. Pochi la conoscono, ma è un luogo incredibile. La depressione della Dancalia, nella regione del Tigray, in Etiopia, è considerata uno dei luoghi più inospitali della terra per il caldo soffocante che la caratterizza. La media annua è infatti di 34 gradi, ma in estate si raggiungono picchi di calore che superano i 50. Per questo la visita di questa regione è raccomandata in inverno, quando comunque le temperature si aggirano sui 35 gradi. In inverno però io non ho ferie utilizzabili e quindi, da vera incosciente, l’ho affrontata in agosto, cioè al peggio delle temperature possibili. Infatti, durante la visita del punto massimo della depressione, Dallol, il caldo era così soffocante da dare le vertigini e pure io, che sono una specie di lucertola, dopo 20 minuti all’aperto, credevo di morire lì.
Ma voglio cominciare a raccontare la Dancalia dalla prima escursione fatta: quella al vulcano di Erta Ale. Il vulcano è uno dei pochi al mondo perennemene attivo. La caldera è sempre fumante ed è visibile il magma. La salita all’Erta Ale comincia per ovvi motivi verso le sei del pomeriggio, con partenza da un villaggio. Si sale a piedi e al buio su un sentiero montano di roccia lavica molto dura. La salita non è ripida, ma il suolo tagliente, il buio e il caldo (temperatura notturna sui 35 in estate) non la rendono agevole. Ci vogliono circa 4 ore per salire, accompagnati dai cammelli che portano i materassi per dormire sulla cima. Quando si arriva si vede subito il fumo rosso uscire dalla caldera, ma ci si accampa ad una certa distanza, per non essere colpiti dai fumi sulfurei del vulcano.
Poi alle 4 di notte comincia la discesa alla caldera. “Mi raccomando, i fumi sono tossici: se gira il vento, copritevi la bocca con un fazzoletto e piegatevi sottovento”. Eh…? Vabbé,si vive una volta sola e questa non me la voglio perdere. Si scende su un sentiero con le torce accese e si arriva fino al bordo della caldera. “Attenzione, alcune pietre cedono” Sì, ma io come faccio a sapere quali? Neppure le vedo, con questo buio! Vabbé, andrò dietro a qualcuno: se non cade lui non cadrò manco io. Arriviamo sul bordo e ci affacciamo di sotto. Ci sono tre aperture nella crosta, dalle quali si intravede il magma e i fumi che salgono.
La notte, il fuoco, il fumo. C’è una bellezza evidente in tutto questo. Poi ci sediamo intorno al bordo. Ogni tanto il vento gira e il fumo ci avvolge. Ovviamente mi tiro su il collo della maglia per coprire il naso e tiro giù la testa, come da istruzioni. Restiamo in silenzio, ammirati e rapiti. Infine arriva l’alba. È ora di scendere al villaggio, prima che il caldo lo renda impossibile.
